Lampedusa, storie di un’isola remota tra coltivazioni e vita contadina
Fino alla metà del XIX secolo le conoscenze su Lampedusa e Linosa erano rimaste circoscritte a fatti legati a scorrerie marinaresche, ad approdi e permanenze di viaggiatori dallo splendido paesaggio naturale, oppure a vicende riconducibili alla proprietà dei territori appartenenti a importanti lignaggi. Dopo l’Unità d’Italia, 1861, l’esigenza di conoscere le reali condizioni di tutte le zone del nuovo Regno, anche le più remote, spinse i governanti ad inviare sul posto dei tecnici per descriverne, con maggiori dettagli, lo stato e la situazione. E così avvenne anche per le isole Pelagie . Qui, il perito geometra Gaspare Messina scrive, nell’aprile del 1874, una relazione, raccolta e conservata nell’Archivio Centrale dello Stato di Roma, con il titolo “Notizie sull’Agricoltura di Lampedusa”.
Le parole di Messina descrivono un’isola impervia e remota, in molte parti tutta l’isolaancora incontaminata, ma dove si pratica una coltivazione necessaria alla sopravvivenza dei pochi abitanti presenti. L’isola di Lampedusa, secondo il racconto che ne fa il geometra, appare come una forma allungata e dai contorni a tratti morbidi e a tratti aspri, sembrando quasi distesa sul mare e assumendo un’espressione di raccolta, malinconica quiete. Se non fosse per terra con il vento che la sferza da tutti gli angoli, il suo terreno potrebbe restituire tutto ciò di cui i lampedusani hanno bisogno. Ma le folate di vento che investono Lampedusa non garantiscono alle coltivazioni quella continua tranquillità necessaria alla loro crescita. Riportando direttamente quanto descritto dal Messina possiamo capire di più sui problemi della produzione agricola.
Tra questi, “importantissima è per i terreni di Lampedusa la concimazione. La natura e lo stato fisico di essi richiedono una buona ed abbondante concimazione, perché, in generale, sono poveri di sostanze organiche”. Il terreno, «sciolto e calcareo», non viene però concimato adeguatamente perché i contadini sostengono «che avendo un possesso precario cercano di ritrarre i maggiori prodotti possibili, spendendo il meno che si può, per non dire, spendendo il meno che si può, per non dire spendendo nulla’.
Ma «l’unica pianta che alligna bene in utta l’isola è il fico d’india». Anche il gelso e il lino compaiono tra le coltivazioni dell’isola di Lampedusa, sebbene la sua produzione sia condotta da poche persone e la sua lavorazione affidata ad altrettante poche donne.